Il 12 marzo 2000, a Genova, le puttane e i ministri, gli anarchici e i preti, gli scostumati e gli azzimati, gli anonimi e i famosi, si sono seduti l'uno accanto all'altro per salutare Fabrizio De André.
Nel suo nome hanno deposto le maschere sociali per ascoltare le canzoni di Fabrizio e per onorare la vita, la sua, di Fabrizio, e quella di tutti.

Non c'è stata pena anche se si piangeva, non c'è stata esibizione anche se era uno spettacolo, non c'è stata retorica anche se Genova intera salutava la partenza di un figlio.
Molti dei più importanti artisti italiani sono venuti a cantare Fabrizio.
La scaletta e il nome in cartellone erano appena una traccia affettuosa, l'ordine discreto di una preghiera collettiva.
Nessuno ha spinto, nessuno ha detto "io", nessuno ha litigato, nessuno ha chiesto, nessuno ha imposto.
Tutti hanno dato. Tutti cantato...

Chi c'era, non dimenticherà la gentilezza, la poesia, l'orgogliosa cultura e la rispettosa timidezza. Gli impacci e le lacrime, l'allegria di saperlo mai davvero morto, i fiori, gli abbracci, gli sguardi, la musica.
La musica soprattutto...

Grazie a chi ha cantato, grazie a chi ha ascoltato e ascolterà.
Grazie a chi canterà Fabrizio di qui in poi, grazie a Fabrizio che si è fatto cantare da tutti.

ph. Neri Oddo, Guido Harari
Aggiornato il 11 Giugno 2016